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venerdì 17 settembre 2010

Episodio pilota - Arrivo su Saruka (2)

Episodio pilota. Seconda parte


Arrivo su Saruka


Sergente - Vedo che nessuno di voi si è perso, quest'anno.

Si girarono verso di lui.

Sergente - Allora, volete avvicinarvi? In riga, tutti quanti, compreso te, quattro zampe.

Aveva indicato Khady con la cartellina che teneva in mano. Khady arrivò per prima e finì con l'essere a un capo della fila. Il sergente si alzò e cominciò a passarli in rassegna dal lato opposto.

Sergente - Bali.

Bali - Ci sono, sergente.

Il sergente si piazzò davanti a lui.

Sergente - Non vi insegnano più niente, in accademia?

Bali si chiese cosa stesse sbagliando. Poi notò il cordone che il sergente (il sergente istruttore) aveva alla manica e si mise sugli attenti.

Bali - Presente, signor sergente istruttore, signore.

Carter - Presente, signor sergente istruttore, signore.

Khady era preoccupata. Non sarebbe mai riuscita a dirlo. Non restando seria, quanto meno. Ma quel sergente non sembrava il tipo da prendere bene una risata. Il suo turno sembrava non arrivare mai. Evelin. Gaila. Mars (l'aveva saltata?). Novalis. Sandra.

Sergente - Khady.

Khady trasalì e la bocca le si asciugò. Il sergente non aveva una bella espressione quando si portò davanti a lei.

Sergente - Khady.

Sergente - Presente...?

Khady degluttì.

Khady - Presente, signorsergenteistruttoresignore.

Lo disse tutto d'un fiato, ma appena percettibile.

Sergente - Voce, sottotenente.

Khady - Sì.

Il sergente la guardò storto.

Khady - ... signor sergente istruttore, signore.

Bali - No, signor sergente istruttore, signore. Ma..

Il sergente fece un sospiro.

Sergente - Ma?

Bali non ebbe il coraggio di proseguire.

Sergente - Bene, tenente, vorrà dire che tu ne farai trenta, di giri. Vedremo chi di voi due finisce prima.

Non aspettò risposta. Posò la cartellina sul tavolo e mise le mani dietro la schiena.

Sergente - Bene, signori. Io sono il sergente Andrian e sarò il vostro istruttore nei prossimi due mesi. Vi garantisco che saranno il peggior inferno che abbiate mai visto. Ma per quanto io possa fare, non sarà niente in confronto a quello che vedrete dopo. In capo ad un anno, se sarete ancora vivi, benedirete ogni ora e ogni lacrima di questo addestramento. Questa è la mia promessa.

Il sergente la mantenne, la sua promessa. Alla fine della giornata, l'unica che ancora riusciva a stare in piedi era Sandra, ma solo perché la panca più vicina era al di là delle sue forze. Rinunciò e si buttò per terra, sdraiata a contemplare il soffitto.

Anche se aveva corso, saltato e fatto esercizi con loro, e spesso anche più di loro, e anche se li aveva affrontati uno per uno in corpo a corpo, e li aveva immancabilmente smaltati sul tappeto, il sergente sembrava ancora fresco e riposato come durante l'appello.

Sergente - Non siete degli ufficiali, siete dei budini.

Qualcosa che sarebbe stato una risata, se non fossero stati troppo esausti, si diffuse tra loro. Le uniche che ridevano davvero erano Sandra, che ancora aveva un po' di forza, e Khady, che non aveva il carattere per mancare una buona occasione per ridere.

Ma Khady non ne aveva il fisico, rideva sì, ma si teneva la pancia, e i suoi addominali le facevano vedere le stelle. L'unica cosa buona era che adesso le gambe non le facevano più male del resto. Adesso doleva tutto nello stesso modo.

Il sergente non aveva avuto molti riguardi nei suoi confronti. Al massimo, aveva tirato fuori qualche esercizio alternativo. Ma era stato inflessibile perché li portasse in fondo, anche quando piangeva dal dolore.

Sul tappeto, il sergente aveva dedicato due minuti a ciascuno di loro. Tutti erano finiti per terra a faccia in giù e nessuno era riuscito a sfiorarlo. Nessuno tranne Khady. Khady non era forte, non era allenata, non era nemmeno agile, ma incassava benissimo. Il sergente fece un bel sorriso, il primo della giornata, quando la vide ancora in piedi al terzo colpo. Sandra, Bali e Carter avevano retto il primo colpo, ma erano andati giù al secondo. Gli altri erano a terra già col primo. Budini.

Sergente - Ottimo, marinaio.

Khady non rispose. Lui si preparò e partì. Ma colpì solo l'aria. Khady lo aveva anticipato e si era scansata all'ultimo momento. Riuscì persino a colpirlo con una stampella e poi si mise in un angolo, in attesa. Colpire il sergente istruttore con una stampella doveva essere peggio che non ricordarsi tutta la pappardella signor sergente istruttore, signore (o forse no?). Khady si preparò al colpo, quando lo vide avanzare, ma lui si fermò a un passo di distanza.

Sergente - Davvero ottimo, marinaio. Bene, possiamo tornare ai nostri esercizi, adesso. La pausa è finita.

Dopo quattro ore, il sergente ritenne che fosse sufficiente e li spedì tutti sotto la doccia. Pian piano, un muscolo alla volta, riuscirono ad alzarsi e andare negli spogliatoi. Evelin valutò se arrivarci a quattro zampe, ma lo sguardo del sergente la fece desistere.

Sergente - Bali, attacca i tuoi trenta giri.

Bali si era appena alzato, con un certo sforzo, facendo tappa su una panca. Guardò il sergente in cerca di pietà, ma non ne trovò. Mosse un primo piede in avanti, poi un secondo, cercando di consumare meno energie possibile.

Sergente - Ho detto corsa, tenente. Più vicino alla parete.

Bali - Sì, signor, sergente, istruttore, signore.

Lo graziò solo perché era il suo primo giorno e lasciò che proseguisse i suoi trenta giri. Khady era ancora seduta sulla panca e lo fissava. Lei non sarebbe mai riuscita neanche a fare dieci metri, di corsa. Khady prese le stampelle e si alzò, avanzando verso il sergente. Correre, come si poteva correre, con le stampelle?

Sergente - Facciamo così, marinaio. Lo vedi il rettangolo disegnato, per terra?

Sergente - Mettiti in quell'angolo. Adesso io mi metto all'altro angolo e tu mi raggiungi più veloce che puoi. Resta sempre all'esterno della linea. Ti do io il via.

Il sergente si spostò fino all'angolo, sul lato corto, poi prese il cronometro e le diede il via. Khady, non sapeva neanche lei perché, cercò davvero di essere il più veloce possibile. Arrivata all'angolo, il sergente annuì e fermò il cronometro, poi si avviò verso l'altro angolo, dove Khady lo raggiunse di nuovo a un suo cenno.

Sergente - Bene, marinaio, ti ci sono voluti trentacinque secondi. Ti aspetto dall'altra parte. Non mettercene più di quaranta e non attraversare la linea.

Attraversò in diagonale il rettangolo, poi diede il segnale a Khady. Al segnale, Khady partì e iniziò a contare. Doppiò l'angolo sul quindici, ma poi recuperò e contò trentotto quando vide il sergente fermare il cronometro. Khady ansimava.

Sergente - Bene, marinaio, te ne mancano altri due. Ti do novanta secondi per fare il primo.

Khady - Sì, signor sergente, istruttore, signore.

Khady contò ottantotto quando raggiunse di nuovo il sergente. Le mancava l'aria. Bali passò in quel momento, rosso come un peperone. Khady ebbe l'impressione che sarebbe stramazzato al suolo di lì a breve.

Sergente - Molto bene marinaio. Il prossimo giro me lo fai in ottanta secondi.

Khady lo guardò allibita.

Khady - E se...

Non aveva fiato per fare la domanda.

Sergente - Se non ci riesci?

Khady annuì.

Sergente - Non ti ho sentito, marinaio.

Khady degluttì e ispirò tutta l'aria che poté.

Khady - Sì, signor sergente istruttore. Signore.

Sergente - Andiamo avanti finché non me ne fai tre di fila in settantacinque. Sei pronta?

Khady scosse la testa.

Khady - No, no, signor sergente, istruttore, signore.

Khady fece altri due respiri profondi e si raddrizzò. Si guardarono negli occhi.

Sergente - Allora?

Khady - Sì. Signor sergente istruttore, signore.

Il sergente avviò il cronometro e lei partì. Khady arrivò all'angolo opposto contando quarantatré. Cercò di accelerare, ma non era facile. Iniziò l'ultimo lato a cinquantacinque, ma quando arrivò davanti al sergente, il suo conto era di ottantacinque. Lo guardò, poi si buttò sulla panca più vicina, appoggiando la testa alla parete e cercando di riportare il respiro a una velocità più umana.

Il sergente si avvicinò. Khady chinò la testa. Lui le infilò il cronometro davanti agli occhi. Era fermo a settantadue.

Sergente - Tu conti troppo veloce, marinaio.

Khady alzò gli occhi, sollevata. Le sue gambe erano diventate improvvisamente leggere.

Sergente - Sotto la doccia, marinaio.

Khady annuì, poi guardò il sergente sorridendo.

Khady - Sì. Signor sergente istruttore, signore.

Khady fu l'ultima a raggiungere la mensa quella sera. Il sergente istruttore la stava aspettando davanti alla porta, dopo aver fatto passare tutti gli altri. Poco prima di raggiungerlo, Khady incontrò di nuovo Taro, che stava anche lui andando a cena, nella mensa riservata ai sottufficiali. Lei si fermò e gli sorrise.

Khady - Taro.

Taro - Se continuano così...

Taro si era bloccato e fissava qualcosa oltre la spalla di Khady. Lei si girò e si ritrovò il sergente Andrian dietro le spalle.

Sergente - Va' dentro, soldato.

Khady seguì Taro con lo sguardo e lo vide entrare nella sua mensa, sotto lo sguardo accigliato di un altro sergente.

Sergente - Cosa credevi di fare, marinaio?

Sergente - Il soldato Taro.

Khady sbuffò.

Khady - Io e il soldato Taro ci siamo conosciuti sulla navetta.

Sergente - Vieni con me.

Il sergente aprì la porta della mensa sottufficiali, fece passare davanti Khady, ma le impedì di proseguire oltre la soglia. Taro era in piedi, al suo tavolo, davanti al suo vassoio. Il suo sergente, con un'aria forse troppo soddisfatta per quello che stava facendo, lo stava rimproverando ad alta voce.

Sergente (di Taro) - Ora, soldato, tu resterai in piedi per tutta la cena, senza parlare e senza mangiare. Quando tutti avranno finito, prenderai il tuo vassoio e andrai a gettare tutto nella spazzatura. Chiaro?

Taro - Sì, signor sergente, signore.

Il sergente Andrian tirò via Khady e richiuse la porta.

Khady - Solo perché ha parlato con me?

Il sergente non rispose e proseguì verso la mensa ufficiali. Khady cercava di stargli dietro. Quando arrivarono al tavolo, il sergente prese posto a capotavola.

Sergente - Scalate. Marinaio, qui.

Il sergente le indicò il posto accanto a sé. Khady si portò controvoglia vicino a lui.

Khady - Preferisco rientrare nei miei alloggi.

Khady - No, sergente.

Il sergente si alzò in piedi e le si parò davanti. La sopravanzava di una spanna e lei era costretta ad alzare gli occhi. Parlò sottovoce.

Sergente - C'è sempre uno come te, che crede di essere più furbo perché è un ufficiale, ma per i prossimi due mesi, i tuoi gradi non conteranno nulla e tu varrai meno della polvere che ti farò mangiare. E adesso siediti.

Khady si sedette controvoglia e abbassò lo sguardo sul tavolo. Nessuno parlava. In quest'atmosfera tesa, si presentò il cuoco.

Cuoco - Cosa mangiano, sergente?

Sergente - Per stasera, mangiano quello che vogliono.

Il sergente li indicò e il cuoco spiegò cosa c'era per cena. Fu sufficiente a ravvivare la tavolata. Quando fu il turno di Khady, lei scosse la testa e allontanò le posate.

Khady - Niente. Non ho fame.

Il sergente si girò verso il cuoco.

Sergente - Portale quello che porti a me.

Rimase a guardare Khady per due minuti, aspettando che fosse lei a parlare. Piano piano gli altri presero a chiacchierare tra loro.

Khady - Non intendevo mancarvi di rispetto.

O forse sì. Il sergente tamburellava con le dita sul tavolo.

Sergente - Cosa facevi, prima, marinaio?

Sergente - Però. Un bel passo indietro, per te.

Più di quanto si possa immaginare. Khady iniziò a giocare con la forchetta. Il sergente la guardava. No, non doveva essere facile, tornare a prendere ordini come una recluta qualsiasi. Il sergente sospirò.

Sergente - Mi hanno detto che non hai fatto la doccia con gli altri, nello spogliatoio.

Khady - Sono tornata nel mio alloggio.

Il sergente non replicò.

Khady - Non ci sono sgabelli, nelle docce degli spogliatoi.

Il sergente la guardò con aria scettica.

Khady - E' vero che non ci sono, ho controllato, potete chiedere. Non riesco a fare la doccia, restando in piedi.

Sergente - Non ne dubito.

Soffiò via delle briciole dal tavolo.

Sergente - Vediamo, quindi, se adesso portassi uno sgabello negli spogliatoi, rifaresti la doccia assieme a tutti gli altri?

Khady esitò e il suo respiro accelerò leggermente.

Khady - Sì... certo.

Il sergente annuì e sospirò. No, decisamente non doveva essere facile, per lei.

Sergente - Domani farò portare uno sgabello in ogni doccia degli spogliatoi.

Dopo cena, il sergente congedò gli altri.

Sergente - Tu no, marinaio, tu vieni con me.

Khady aspettò di rimanere sola con lui, prima di parlare.

Khady - Sergente, io non so cosa vi ho fatto, ma sono sicura che c'è una qualche regola che vi...

Khady - ... che vi impedisce di vessar... cosa avete detto?

Il sergente rise.

Sergente - Ho detto che non ce l'ho con te, marinaio.

Khady rimase senza parole. Stava cercando di riformulare una frase, quando il sergente si girò sbuffando e si incamminò. Khady gli andò dietro e lo seguì fino alla palestra. La attraversarono tutta e si fermarono in fondo.

Sergente - Siediti sulla panca, a cavalcioni, ci riesci?

Sergente - Sì?

Khady si chiese se c'era, e quale fosse, un segnale che indicava quando poteva rispondere solo sergente e quando no.

Khady - Sì, signor sergente istruttore, signore.

Si sedette a cavalcioni della panca, posando le stampelle poco lontano, per terra. Il sergente le si mise dietro le spalle.

Sergente - Vieni più indietro.

Khady si appoggiò sulle braccia e si tirò indietro fino al bordo della panca. Il sergente le afferrò le spalle, le tirò indietro e spinse il resto della schiena in avanti.

Sergente - Dritta, con questa schiena. Alza le braccia.

Le fece mettere le braccia in orizzontale e iniziò a muoverle e a torcerle, tastando i muscoli, delle braccia e della schiena. Poi le si mise a fianco e continuò a fare delle altre prove. Khady cominciava a sentirsi un cavallo e si chiese se le avrebbe controllato anche i denti. Il sergente concluse l'esame con un colpo, dato col dorso della mano, sulla pancia di Khady. Niente di forte, ma sufficiente a farla piegare in avanti.

Scuotendo la testa, si sedette davanti a lei, anche lui a cavalcioni della panca.

Sergente - Da quanto sei ferma, sottotenente?

Khady - Un incidente.

Il sergente sospirò.

Sergente - Mi prendi per idiota?

Khady scosse la testa e fissò il vuoto.

Sergente - Che cos'hai di preciso?

Sergente - E poi basta?

Khady ripensò alla sua vita, degli ultimi mesi, e chinò gli occhi. Non riuscì a rispondere. Il sergente non insistette. Si posò le mani sulle ginocchia e la studiò.

Sergente - Va bene. Conosci il principe generale?

Khady - Chi?

No, non con quel nome quantomeno. Il sergente Andrian pensò che quella storia era sempre più strana.

Sergente - Lo sai chi comanda, su Saruka?

Sergente - Il nome del principe Mayste ti dice qualcosa?

Eccome, sergente, tutti conoscono il principe Mayste. Khady lo guardò allibita e anche un po' spaventata.

Sergente - E' lui che comanda, su Saruka. Lo chiamano il principe generale. Ha richiesto lui, che tu fossi assegnata su Saruka, e mi ha chiesto un trattamento speciale, per te.

Episodio pilota - Arrivo su Saruka (1)

Episodio pilota. Prima parte


Arrivo su Saruka


Si era seduta per prima e aveva scelto il posto meno appetibile, subito dietro la cabina di pilotaggio. La porta era aperta e poteva guardare dentro. Si era persa nello studio della console di comando. Dopo un po' un caporale le si era piazzato davanti, apostrofandola in modo brusco.

Caporale - Cosa stai guardando, soldato?

Khady - Niente, caporale.

Aveva alzato la testa, per guardare il caporale, e la bretella dell'imbragatura si era spostata. Il caporale aveva infilato le dita sotto la sua spallina e le aveva immediatamente ritirate, abbasando i toni.

Caporale - Ma voi siete un ufficiale. Cosa ci fate qui? Dovreste essere dietro, questo è un posto da soldati.

Khady aveva girato la testa verso la coda della navicella, alla parete oltre la quale c'erano le comode poltroncine per gli ufficiali, poi era tornata a guardare il caporale.

Khady - Posso lo stesso restare qui?

Caporale - Come volete, sottotenente. Ma non potete spostarvi durante il volo.

Lei aveva fatto un semplice gesto d'assenso. Poco dopo, un soldato aveva aperto lo scompartimento bagagli sopra di lei e ci aveva messo la sua borsa, lo aveva richiuso e le si era seduto affianco. Si era guardato un attimo attorno, poi le aveva porto la mano.

Taro - Taro. Tu?

Lei l'aveva stretta e gli aveva sorriso, prima di tornare a guardare la cabina.

Khady - Khady.

Taro - Per me sì.

Si era sistemato meglio, aveva mosso un po' le mani davanti a sé e stretto le cinghie. Era così allegro e agitato che Khady non poté fare a meno di ridere. Taro si sporse verso la cabina.

Taro - Quanto mi piacerebbe saper pilotare uno di questi cosi. Ho fatto domanda per gli elicotteristi, dice che su Saruka siano a corto, per questo vado lì. Tu, dove stai andando?

Taro - Ma dai? Così facciamo il viaggio insieme.

Khady annuì. Il caporale di prima si ripresentò davanti a loro. Gambe leggermente divaricate, una mano dietro la schiena e l'altra lungo la coscia, stava aspettando che tutti facessero silenzio. I due piloti gli passarono a fianco, lo salutarono con un cenno, entrarono nella cabina e chiusero la porta.

Caporale - Allora, non potete alzarvi durante il volo, qualunque cosa succeda. Le vostre cinghie sono bloccate e si aprono solo in caso di emergenza, quindi, se si aprono, iniziate a pregare. Tenetevi per tutto il viaggio perché qui se si balla, si balla all'improvviso e non voglio gente che piange perché ha sbattuto la testa o le chiappe. Tutto chiaro?

Il coro di «Sì, signor caporale, signore» fece sorridere Khady, che non vi partecipò. Il caporale se ne accorse, ma non poté dirle niente, e si limitò a scuotere la testa. Andò a sedersi dall'altra parte, verso la coda.

Taro prese un grosso respiro e si appoggiò alla parete. Khady fece lo stesso, ma chiuse anche gli occhi. Si stava concentrando sui rumori che arrivavano dalla cabina. Si voltò verso Taro.

Khady - Preparati. Appena cercherà di alzarsi avrà uno strattone.

La navetta si alzò in volo e fece un mezzo giro su sé stessa. Si fermò un attimo a mezz'aria, salì con sforzo di neanche dieci metri, poi si abbassò di colpo di quasi cinque. Davanti a Khady, uno dei soldati sbatté la testa contro il portabagagli. Dalla cabina arrivò una sommessa imprecazione.

Taro - Come facevi a saperlo?

Khady si limitò a sorridere, con la testa appoggiata alla parete e gli occhi chiusi. Dalla cabina arrivarono altri rumori e la navetta iniziò ad alzarsi con molto meno sforzo. Taro guardava Khady a bocca aperta. Notò le sue spalline e la sua bocca si richiuse lentamente.

Taro - Perdonate, sottotenente, non avevo notato. Non pensavo che gli ufficiali viaggiassero coi soldati.

Khady - Non preoccuparti. Sono io fuori posto.

Khady aveva riaperto gli occhi. Taro era imbarazzato e fissava le sue ginocchia.

Khady - Vai su Saruka, anche tu?

Khady - Anche a me.

Rimasero in silenzio. Khady guardò un po' gli altri soldati. Non erano tutti giovani, ma erano quasi tutti alla prima esperienza. Solo qualcuno, un gruppetto separato, sembrava avere più confidenza col volo. Il caporale la stava guardando. C'era qualcosa che disapprovava, in lei, qualcosa che Khady non riusciva a capire.

Khady sollevò un attimo gli occhi, poi li chiuse per ascoltare meglio la cabina.

Khady - Ci siamo un'altra volta. Quando usciamo dall'atmosfera, questo ci fa fare un altro salto. Sta salendo troppo velocemente.

Taro si guardò intorno. Non c'erano finestrini, non c'erano strumenti, tutto gli sembrava sempre uguale.

Taro - Scusate, ma come fate a capire...

Khady - Lo devi sentire qui.

Khady si portò una mano alla pancia.

Khady - E qui.

Indicò le orecchie.

Khady - E' difficile da spiegare, ma dopo un po' ci fai l'abitudine. Usciamo dall'atmosfera tra poco, ma avrebbe già dovuto avviare la procedura per cambiare l'assetto, ma non l'ha fatto.

Taro - E come fate a sapere che non l'ha fatto?

Khady si portò l'indice alle labbra.

Khady - Chiudi gli occhi.

Dopo poco, Taro sentì un cambiamento nel rumore del motore della navetta.

Khady - Ecco, adesso ha cambiato l'assetto. Hai sentito?

Khady - Esatto. Ma è troppo tardi. Tra un minuto balliamo, tieniti.

Khady afferrò le cinghie. Taro la imitò e come lei si appoggiò alla parete. La navetta iniziò a sbattere in tutte le direzioni. Nonostante le cinghie, parecchi soldati furono sbalzati e colpirono la bagagliera o finirono addosso agli altri. Taro si sentì afferrare le gambe, che volarono in alto, poi ripiombò a sedere sbattendo i piedi. I talloni avevano urtato il sedile, ma era niente in confronto al suo vicino, che era stato colto impreparato e, proiettato in avanti, era stato trattenuto dalle cinghie e ora passava la mano dolorante sulle spalle e la pancia. Si girò verso Khady per ringraziare, ma lei era completamente sbiancata, aveva chiuso gli occhi e stava cercando di riprendere il controllo del suo respiro.

Taro - Tutto bene, sottotenente?

Khady alzò una mano per tranquillizzarlo.

Khady - Sì, sì, non preoccuparti.

Il suo respiro si stava calmando.

Taro - Siete sicura?

Khady riaprì gli occhi.

Khady - Sì. Lo senti?

Khady - Il silenzio. Siamo nello spazio.

Taro chiuse gli occhi e si concentrò. Il rumore dei motori e dell'aria erano cessati. Riaprì gli occhi e vide Khady che aveva iniziato a massaggiarsi le gambe.

Taro - Siete sicura di stare bene? Non è che vi ha colpito qualcosa?

Khady - No, non mi ha colpito niente. Sono solo le mie gambe, che al solito fanno i capricci, ma adesso passa tutto.

Il caporale sganciò le sue cinghie e si alzò. Si girarono tutti verso di lui.

Caporale - Bene, tutti interi, mi auguro. Arriviamo tra cinque minuti. Quando le vostre cinghie si apriranno, voglio che prendiate le vostre cose, usciate e vi mettiate tutti in riga. Verrete chiamati e assegnati alle vostre navi.

Dopo il rituale «Sì, signor caporale, signore», il caporale si avvicinò a Khady.

Caporale - Signora, voi dovreste raggiungere gli altri ufficiali.

Khady - Sì.

Il caporale distolse lo sguardo e sospirò.

Caporale - Sentite, non mi risulta ci siano altri ufficiali che vanno a Saruka da questa navetta. Solo un soldato.

Khady - D'accordo, caporale, grazie.

Il caporale tornò a sedersi. Khady si girò verso Taro.

Khady - Sembra che siamo degli animali rari.

Khady - Mah, forse è solo un posto poco affollato.

La navetta attraccò, sbattendo leggermente contro il molo.

Khady - Abbiamo finito questa tortura.

Le cinghie si aprirono.

Khady - Puoi aspettare ad alzarti? Tanto siamo solo noi due, possiamo prendercela con calma.

Taro - Certo.

Aspettarono che la navetta si svuotasse, poi Taro si alzò e aprì la bagagliera, tirando fuori i suoi bagagli. Khady si appese a una maniglia e si tirò su con le braccia. Strinse i denti cercando di non appoggiare troppo i piedi a terra.

Taro - Avete bisogno di una mano?

Khady - Sì, grazie, puoi prendermi le mie stampelle?

Taro guardò nella bagagliera e tirò fuori due stampelle. Khady si resse un attimo in equilibrio, le prese e le appoggiò a terra. Ci si appoggiò, tolse il peso dalle gambe e fece un sospiro di sollievo. Taro aveva tirato giù anche la sua borsa.

Taro - Avete altro?

Taro - State scherzando?

Khady fece una mezza risata.

Khady - Per via di queste? Non devi preoccuparti, ormai ci sono abituata. Passami la borsa.

Khady si era appoggiata su una delle due stampelle e aveva afferrato la sua borsa. Taro era scettico, ma gliela lasciò. Lei se la mise a tracolla, poi riprese la seconda stampella e fece cenno a Taro di avanzare.

Khady - Usciamo da questa trappola prima che decidano di farci fare un altro giro.

Taro andò verso il portellone d'uscita, girandosi ogni tanto indietro a controllare. Sorvegliò come scendeva dalla rampa.

Khady - Smettila di controllarmi.

Si avvicinarono al caporale, che la squadrò da capo a piedi.

Caporale - Siete sicura che andate su Saruka?

Caporale - Sì. Partite tra un'ora. Quelli di Saruka sono sempre i primi a partire.

Khady lo guardò sorridendo.

Khady - E gli ultimi a tornare?

Il caporale la guardò serio, per niente divertito dalla battuta.

Caporale - No, signora, di solito da Saruka non si torna. In bocca al lupo, sottotenente. Anche a voi, soldato.

Il caporale salutò e tornò ad occuparsi degli altri soldati. Khady e Taro si incamminarono verso la loro nave.

Taro si era avviato lentamente. Khady, che stava cominciando a non sopportare tutte le sue attenzioni, lo aveva riportato a una velocità più normale. A pochi passi dal portellone della nave, Khady si fermò e prese la sua lettera d'incarico dalla tasca esterna della borsa. Il caporale all'ingresso la squadrò.

Caporale - Dove state andando, sottotenente?

Caporale - Voi?

Khady gli aveva porto il foglio, il caporale l'aveva preso scettico, ma c'era proprio scritto Saruka, nella lettera.

Caporale - Al comando devono avere uno strano senso dell'umorismo. Eccovi qui, sottotenente Khady. E tu?

Caporale - Sì, ci sei. Bene, siete gli ultimi due, venite con me.

Aveva smontato il suo tavolino e l'aveva preso sotto braccio. Aveva indicato agli altri due di salire, poi li aveva seguiti. Arrivato in cima, aveva premuto un pulsante e il portellone si era chiuso.

Caporale - Allora, soldato, segui questo corridoio fino in fondo, poi svolta a destra e chiedi. La tua camerata è lì.

Taro - Sì, signore, grazie.

Taro si era girato verso Khady.

Taro - E' stato un piacere, conoscerla, sottotenente.

Caporale - Seguitemi, sottotenente.

Erano entrati in un ascensore, erano saliti e poi ne erano usciti in un corridoio. Khady seguì il caporale fino ad una porta, dove lui bussò. Venne ad aprire una ragazza in divisa da tenente.

Tenente - Caporale?

Tenente - Bene. Vieni, mi chiamo Sandra.

Porse la mano a Khady, poi si accorse delle stampelle e abbassò il braccio.

Sandra - Ti serve una mano?

Khady - No grazie, faccio da me.

Sandra le indicò il suo letto, Khady si avvicinò, lasciò andare una delle stampelle e posò la borsa. Poi riprese la stampella e si girò, porgendo la mano a Sandra.

Khady - Io sono Khady.

Sandra - Certo, spiego tutto io. Grazie, caporale.

Il caporale salutò e uscì. Khady guardò verso Sandra.

Khady - Posso sedermi?

Sandra - Sì, certo, bè, non importa essere così formali.

Khady si sedette sul letto e Sandra le si sedette di fronte. Non sapeva cosa dire.

Sandra - Sottotenente? Non hai fatto l'accademia?

Khady - No. Vengo dalla marina.

Sandra aveva ancora meno da dire. Khady la studiò un po'.

Khady - Cos'è che dovevi dirmi?

Sandra - Boh, sembra così.

Bussarono alla porta. Sandra si alzò e andò ad aprire. Fuori, in corridoio, c'era un gruppetto di altri ufficiali. Uno di questi entrò e si girò verso Khady.

Bali - Piacere, io sono Bali.

Khady - Khady.

Si girò verso Sandra.

Bali - Noi andiamo in perlustrazione, vi va di venire?

Sandra guardò Khady.

Sandra - Non so, sai, forse dovremmo prepararci.

Bali la guardò perplesso. Khady rise scuotendo la testa, prese le sue stampelle e si alzò.

Khady - Io direi che possiamo andare.

Bali fissò Khady che si muoveva come uno strano animale a quattro zampe. Khady sospirò, guardando Bali che guardava le sue gambe. Parlò a voce abbastanza alta perché si sentisse anche fuori.

Khady - Ho avuto un incidente. Le mie gambe mi fanno un male cane, ma posso muoverle e anche stare in piedi senza stampelle per qualche secondo. Ogni tanto bisogna che mi fermi, ma per il resto è ok. Il dottore ha detto che passerà. Forse. Domande?

Bali - No, no, scusami, non volevo.

Era visibilmente imbarazzato. Khady uscì dalla stanza.

Khady - Allora, questa perlustrazione?

Khady superò il gruppetto e si diresse verso la fine del corridoio. Si fermò quando sentì attivarsi l'altoparlante. Stavano lasciando lo spazioporto esterno di Mund. Khady si avvicinò a una parete, la guardò un po', poi trovò il pulsante che cercava. La saracinesca esterna si aprì. Gli altri si avvicinarono meravigliati. Di fronte, avevano solo lo spazio infinito. Khady posò una mano sul vetro.

Sandra - E' meraviglioso.

Le stelle si mossero davanti a loro. La nave si staccò dal molo e girò su sé stessa. Videro Mund sotto di loro ed ebbero l'impressione di poterlo toccare allungando una mano. Poi Mund iniziò a rimpicciolirsi. Parecchi di loro agitarono la mano in segno di saluto e a qualcuno scese una lacrima lungo la guancia.

Khady - Non dovevamo trovare una palestra?

Girovagarono per i corridoi, scoprendo la mensa, un bar, un piccolo negozio di articoli vari, una sala ricreativa e persino una sala di lettura. Alla fine, trovarono anche la palestra, che Khady suppose fosse una stiva riadattata. Entrarono timorosi, rimanendo vicini alla parete. Solo Khady, presa dalla sua ricostruzione, avanzò di qualche metro continuando a fissare il soffitto.

Dalla parte opposta, seduto su un tavolo, c'era qualcuno che li stava aspettando. Questo qualcuno, un sergente, li contò. Erano otto.