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venerdì 17 settembre 2010

Episodio pilota - Arrivo su Saruka (2)

Episodio pilota. Seconda parte


Arrivo su Saruka


Sergente - Vedo che nessuno di voi si è perso, quest'anno.

Si girarono verso di lui.

Sergente - Allora, volete avvicinarvi? In riga, tutti quanti, compreso te, quattro zampe.

Aveva indicato Khady con la cartellina che teneva in mano. Khady arrivò per prima e finì con l'essere a un capo della fila. Il sergente si alzò e cominciò a passarli in rassegna dal lato opposto.

Sergente - Bali.

Bali - Ci sono, sergente.

Il sergente si piazzò davanti a lui.

Sergente - Non vi insegnano più niente, in accademia?

Bali si chiese cosa stesse sbagliando. Poi notò il cordone che il sergente (il sergente istruttore) aveva alla manica e si mise sugli attenti.

Bali - Presente, signor sergente istruttore, signore.

Carter - Presente, signor sergente istruttore, signore.

Khady era preoccupata. Non sarebbe mai riuscita a dirlo. Non restando seria, quanto meno. Ma quel sergente non sembrava il tipo da prendere bene una risata. Il suo turno sembrava non arrivare mai. Evelin. Gaila. Mars (l'aveva saltata?). Novalis. Sandra.

Sergente - Khady.

Khady trasalì e la bocca le si asciugò. Il sergente non aveva una bella espressione quando si portò davanti a lei.

Sergente - Khady.

Sergente - Presente...?

Khady degluttì.

Khady - Presente, signorsergenteistruttoresignore.

Lo disse tutto d'un fiato, ma appena percettibile.

Sergente - Voce, sottotenente.

Khady - Sì.

Il sergente la guardò storto.

Khady - ... signor sergente istruttore, signore.

Bali - No, signor sergente istruttore, signore. Ma..

Il sergente fece un sospiro.

Sergente - Ma?

Bali non ebbe il coraggio di proseguire.

Sergente - Bene, tenente, vorrà dire che tu ne farai trenta, di giri. Vedremo chi di voi due finisce prima.

Non aspettò risposta. Posò la cartellina sul tavolo e mise le mani dietro la schiena.

Sergente - Bene, signori. Io sono il sergente Andrian e sarò il vostro istruttore nei prossimi due mesi. Vi garantisco che saranno il peggior inferno che abbiate mai visto. Ma per quanto io possa fare, non sarà niente in confronto a quello che vedrete dopo. In capo ad un anno, se sarete ancora vivi, benedirete ogni ora e ogni lacrima di questo addestramento. Questa è la mia promessa.

Il sergente la mantenne, la sua promessa. Alla fine della giornata, l'unica che ancora riusciva a stare in piedi era Sandra, ma solo perché la panca più vicina era al di là delle sue forze. Rinunciò e si buttò per terra, sdraiata a contemplare il soffitto.

Anche se aveva corso, saltato e fatto esercizi con loro, e spesso anche più di loro, e anche se li aveva affrontati uno per uno in corpo a corpo, e li aveva immancabilmente smaltati sul tappeto, il sergente sembrava ancora fresco e riposato come durante l'appello.

Sergente - Non siete degli ufficiali, siete dei budini.

Qualcosa che sarebbe stato una risata, se non fossero stati troppo esausti, si diffuse tra loro. Le uniche che ridevano davvero erano Sandra, che ancora aveva un po' di forza, e Khady, che non aveva il carattere per mancare una buona occasione per ridere.

Ma Khady non ne aveva il fisico, rideva sì, ma si teneva la pancia, e i suoi addominali le facevano vedere le stelle. L'unica cosa buona era che adesso le gambe non le facevano più male del resto. Adesso doleva tutto nello stesso modo.

Il sergente non aveva avuto molti riguardi nei suoi confronti. Al massimo, aveva tirato fuori qualche esercizio alternativo. Ma era stato inflessibile perché li portasse in fondo, anche quando piangeva dal dolore.

Sul tappeto, il sergente aveva dedicato due minuti a ciascuno di loro. Tutti erano finiti per terra a faccia in giù e nessuno era riuscito a sfiorarlo. Nessuno tranne Khady. Khady non era forte, non era allenata, non era nemmeno agile, ma incassava benissimo. Il sergente fece un bel sorriso, il primo della giornata, quando la vide ancora in piedi al terzo colpo. Sandra, Bali e Carter avevano retto il primo colpo, ma erano andati giù al secondo. Gli altri erano a terra già col primo. Budini.

Sergente - Ottimo, marinaio.

Khady non rispose. Lui si preparò e partì. Ma colpì solo l'aria. Khady lo aveva anticipato e si era scansata all'ultimo momento. Riuscì persino a colpirlo con una stampella e poi si mise in un angolo, in attesa. Colpire il sergente istruttore con una stampella doveva essere peggio che non ricordarsi tutta la pappardella signor sergente istruttore, signore (o forse no?). Khady si preparò al colpo, quando lo vide avanzare, ma lui si fermò a un passo di distanza.

Sergente - Davvero ottimo, marinaio. Bene, possiamo tornare ai nostri esercizi, adesso. La pausa è finita.

Dopo quattro ore, il sergente ritenne che fosse sufficiente e li spedì tutti sotto la doccia. Pian piano, un muscolo alla volta, riuscirono ad alzarsi e andare negli spogliatoi. Evelin valutò se arrivarci a quattro zampe, ma lo sguardo del sergente la fece desistere.

Sergente - Bali, attacca i tuoi trenta giri.

Bali si era appena alzato, con un certo sforzo, facendo tappa su una panca. Guardò il sergente in cerca di pietà, ma non ne trovò. Mosse un primo piede in avanti, poi un secondo, cercando di consumare meno energie possibile.

Sergente - Ho detto corsa, tenente. Più vicino alla parete.

Bali - Sì, signor, sergente, istruttore, signore.

Lo graziò solo perché era il suo primo giorno e lasciò che proseguisse i suoi trenta giri. Khady era ancora seduta sulla panca e lo fissava. Lei non sarebbe mai riuscita neanche a fare dieci metri, di corsa. Khady prese le stampelle e si alzò, avanzando verso il sergente. Correre, come si poteva correre, con le stampelle?

Sergente - Facciamo così, marinaio. Lo vedi il rettangolo disegnato, per terra?

Sergente - Mettiti in quell'angolo. Adesso io mi metto all'altro angolo e tu mi raggiungi più veloce che puoi. Resta sempre all'esterno della linea. Ti do io il via.

Il sergente si spostò fino all'angolo, sul lato corto, poi prese il cronometro e le diede il via. Khady, non sapeva neanche lei perché, cercò davvero di essere il più veloce possibile. Arrivata all'angolo, il sergente annuì e fermò il cronometro, poi si avviò verso l'altro angolo, dove Khady lo raggiunse di nuovo a un suo cenno.

Sergente - Bene, marinaio, ti ci sono voluti trentacinque secondi. Ti aspetto dall'altra parte. Non mettercene più di quaranta e non attraversare la linea.

Attraversò in diagonale il rettangolo, poi diede il segnale a Khady. Al segnale, Khady partì e iniziò a contare. Doppiò l'angolo sul quindici, ma poi recuperò e contò trentotto quando vide il sergente fermare il cronometro. Khady ansimava.

Sergente - Bene, marinaio, te ne mancano altri due. Ti do novanta secondi per fare il primo.

Khady - Sì, signor sergente, istruttore, signore.

Khady contò ottantotto quando raggiunse di nuovo il sergente. Le mancava l'aria. Bali passò in quel momento, rosso come un peperone. Khady ebbe l'impressione che sarebbe stramazzato al suolo di lì a breve.

Sergente - Molto bene marinaio. Il prossimo giro me lo fai in ottanta secondi.

Khady lo guardò allibita.

Khady - E se...

Non aveva fiato per fare la domanda.

Sergente - Se non ci riesci?

Khady annuì.

Sergente - Non ti ho sentito, marinaio.

Khady degluttì e ispirò tutta l'aria che poté.

Khady - Sì, signor sergente istruttore. Signore.

Sergente - Andiamo avanti finché non me ne fai tre di fila in settantacinque. Sei pronta?

Khady scosse la testa.

Khady - No, no, signor sergente, istruttore, signore.

Khady fece altri due respiri profondi e si raddrizzò. Si guardarono negli occhi.

Sergente - Allora?

Khady - Sì. Signor sergente istruttore, signore.

Il sergente avviò il cronometro e lei partì. Khady arrivò all'angolo opposto contando quarantatré. Cercò di accelerare, ma non era facile. Iniziò l'ultimo lato a cinquantacinque, ma quando arrivò davanti al sergente, il suo conto era di ottantacinque. Lo guardò, poi si buttò sulla panca più vicina, appoggiando la testa alla parete e cercando di riportare il respiro a una velocità più umana.

Il sergente si avvicinò. Khady chinò la testa. Lui le infilò il cronometro davanti agli occhi. Era fermo a settantadue.

Sergente - Tu conti troppo veloce, marinaio.

Khady alzò gli occhi, sollevata. Le sue gambe erano diventate improvvisamente leggere.

Sergente - Sotto la doccia, marinaio.

Khady annuì, poi guardò il sergente sorridendo.

Khady - Sì. Signor sergente istruttore, signore.

Khady fu l'ultima a raggiungere la mensa quella sera. Il sergente istruttore la stava aspettando davanti alla porta, dopo aver fatto passare tutti gli altri. Poco prima di raggiungerlo, Khady incontrò di nuovo Taro, che stava anche lui andando a cena, nella mensa riservata ai sottufficiali. Lei si fermò e gli sorrise.

Khady - Taro.

Taro - Se continuano così...

Taro si era bloccato e fissava qualcosa oltre la spalla di Khady. Lei si girò e si ritrovò il sergente Andrian dietro le spalle.

Sergente - Va' dentro, soldato.

Khady seguì Taro con lo sguardo e lo vide entrare nella sua mensa, sotto lo sguardo accigliato di un altro sergente.

Sergente - Cosa credevi di fare, marinaio?

Sergente - Il soldato Taro.

Khady sbuffò.

Khady - Io e il soldato Taro ci siamo conosciuti sulla navetta.

Sergente - Vieni con me.

Il sergente aprì la porta della mensa sottufficiali, fece passare davanti Khady, ma le impedì di proseguire oltre la soglia. Taro era in piedi, al suo tavolo, davanti al suo vassoio. Il suo sergente, con un'aria forse troppo soddisfatta per quello che stava facendo, lo stava rimproverando ad alta voce.

Sergente (di Taro) - Ora, soldato, tu resterai in piedi per tutta la cena, senza parlare e senza mangiare. Quando tutti avranno finito, prenderai il tuo vassoio e andrai a gettare tutto nella spazzatura. Chiaro?

Taro - Sì, signor sergente, signore.

Il sergente Andrian tirò via Khady e richiuse la porta.

Khady - Solo perché ha parlato con me?

Il sergente non rispose e proseguì verso la mensa ufficiali. Khady cercava di stargli dietro. Quando arrivarono al tavolo, il sergente prese posto a capotavola.

Sergente - Scalate. Marinaio, qui.

Il sergente le indicò il posto accanto a sé. Khady si portò controvoglia vicino a lui.

Khady - Preferisco rientrare nei miei alloggi.

Khady - No, sergente.

Il sergente si alzò in piedi e le si parò davanti. La sopravanzava di una spanna e lei era costretta ad alzare gli occhi. Parlò sottovoce.

Sergente - C'è sempre uno come te, che crede di essere più furbo perché è un ufficiale, ma per i prossimi due mesi, i tuoi gradi non conteranno nulla e tu varrai meno della polvere che ti farò mangiare. E adesso siediti.

Khady si sedette controvoglia e abbassò lo sguardo sul tavolo. Nessuno parlava. In quest'atmosfera tesa, si presentò il cuoco.

Cuoco - Cosa mangiano, sergente?

Sergente - Per stasera, mangiano quello che vogliono.

Il sergente li indicò e il cuoco spiegò cosa c'era per cena. Fu sufficiente a ravvivare la tavolata. Quando fu il turno di Khady, lei scosse la testa e allontanò le posate.

Khady - Niente. Non ho fame.

Il sergente si girò verso il cuoco.

Sergente - Portale quello che porti a me.

Rimase a guardare Khady per due minuti, aspettando che fosse lei a parlare. Piano piano gli altri presero a chiacchierare tra loro.

Khady - Non intendevo mancarvi di rispetto.

O forse sì. Il sergente tamburellava con le dita sul tavolo.

Sergente - Cosa facevi, prima, marinaio?

Sergente - Però. Un bel passo indietro, per te.

Più di quanto si possa immaginare. Khady iniziò a giocare con la forchetta. Il sergente la guardava. No, non doveva essere facile, tornare a prendere ordini come una recluta qualsiasi. Il sergente sospirò.

Sergente - Mi hanno detto che non hai fatto la doccia con gli altri, nello spogliatoio.

Khady - Sono tornata nel mio alloggio.

Il sergente non replicò.

Khady - Non ci sono sgabelli, nelle docce degli spogliatoi.

Il sergente la guardò con aria scettica.

Khady - E' vero che non ci sono, ho controllato, potete chiedere. Non riesco a fare la doccia, restando in piedi.

Sergente - Non ne dubito.

Soffiò via delle briciole dal tavolo.

Sergente - Vediamo, quindi, se adesso portassi uno sgabello negli spogliatoi, rifaresti la doccia assieme a tutti gli altri?

Khady esitò e il suo respiro accelerò leggermente.

Khady - Sì... certo.

Il sergente annuì e sospirò. No, decisamente non doveva essere facile, per lei.

Sergente - Domani farò portare uno sgabello in ogni doccia degli spogliatoi.

Dopo cena, il sergente congedò gli altri.

Sergente - Tu no, marinaio, tu vieni con me.

Khady aspettò di rimanere sola con lui, prima di parlare.

Khady - Sergente, io non so cosa vi ho fatto, ma sono sicura che c'è una qualche regola che vi...

Khady - ... che vi impedisce di vessar... cosa avete detto?

Il sergente rise.

Sergente - Ho detto che non ce l'ho con te, marinaio.

Khady rimase senza parole. Stava cercando di riformulare una frase, quando il sergente si girò sbuffando e si incamminò. Khady gli andò dietro e lo seguì fino alla palestra. La attraversarono tutta e si fermarono in fondo.

Sergente - Siediti sulla panca, a cavalcioni, ci riesci?

Sergente - Sì?

Khady si chiese se c'era, e quale fosse, un segnale che indicava quando poteva rispondere solo sergente e quando no.

Khady - Sì, signor sergente istruttore, signore.

Si sedette a cavalcioni della panca, posando le stampelle poco lontano, per terra. Il sergente le si mise dietro le spalle.

Sergente - Vieni più indietro.

Khady si appoggiò sulle braccia e si tirò indietro fino al bordo della panca. Il sergente le afferrò le spalle, le tirò indietro e spinse il resto della schiena in avanti.

Sergente - Dritta, con questa schiena. Alza le braccia.

Le fece mettere le braccia in orizzontale e iniziò a muoverle e a torcerle, tastando i muscoli, delle braccia e della schiena. Poi le si mise a fianco e continuò a fare delle altre prove. Khady cominciava a sentirsi un cavallo e si chiese se le avrebbe controllato anche i denti. Il sergente concluse l'esame con un colpo, dato col dorso della mano, sulla pancia di Khady. Niente di forte, ma sufficiente a farla piegare in avanti.

Scuotendo la testa, si sedette davanti a lei, anche lui a cavalcioni della panca.

Sergente - Da quanto sei ferma, sottotenente?

Khady - Un incidente.

Il sergente sospirò.

Sergente - Mi prendi per idiota?

Khady scosse la testa e fissò il vuoto.

Sergente - Che cos'hai di preciso?

Sergente - E poi basta?

Khady ripensò alla sua vita, degli ultimi mesi, e chinò gli occhi. Non riuscì a rispondere. Il sergente non insistette. Si posò le mani sulle ginocchia e la studiò.

Sergente - Va bene. Conosci il principe generale?

Khady - Chi?

No, non con quel nome quantomeno. Il sergente Andrian pensò che quella storia era sempre più strana.

Sergente - Lo sai chi comanda, su Saruka?

Sergente - Il nome del principe Mayste ti dice qualcosa?

Eccome, sergente, tutti conoscono il principe Mayste. Khady lo guardò allibita e anche un po' spaventata.

Sergente - E' lui che comanda, su Saruka. Lo chiamano il principe generale. Ha richiesto lui, che tu fossi assegnata su Saruka, e mi ha chiesto un trattamento speciale, per te.

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